Durante la visita dell'avvocato Cittadino al campo "Scaletti" di fine novembre, si percepiva nitidamente il bivio inesorabile che si stava parando davanti al Savona e alla propria dirigenza.
Gli applausi provenienti dallo spogliatoio, rivolti al massimo dirigente biancoblu, certificavano la promessa di un impegno rinnovato nei confronti dei giocatori, mirato non solo al mantenimento ma anche al rafforzamento dell'organico.
Un punto di non ritorno: da quel momento o le parti si sarebbero ricompattate, oppure il rischio di un distacco repentino si sarebbe palesato in tempi celerissimi.
Com'è andata lo sanno tutti. L'asse portante della squadra è stato smantellato, nonostante la possibilità di competere per il salto di categoria sia ancora percorribile attraverso la qualificazione ai playoff.
Il fuoco sotto la cenere, alimentato dagli innumerevoli annunci sull'arrivo dei giocatori camerunensi, passando per le schermaglie con i tifosi e il faraonico impianto di Altare, è sempre stato mitigato dai tesserati (almeno nelle dichiarazioni pubbliche) con la speranza di tutelare il raggiungimento del risultato sportivo, ma il punto di rottura sembra ormai dietro l'angolo.
Più di una voce è iniziata a circolare l'altro ieri, pare focalizzata sui rimborsi di novembre, ma indipendentemente dal discorso economico è la sensazione di abbandono da parte della società romana che ha portato i ragazzi di mister Frumento ai confini dell'esasperazione.
Quali potranno essere i risvolti immediati è difficile dirlo. La squadra tornerà in campo il 2 gennaio per l'amichevole con il Cengio, da lì in avanti ogni giorno potrebbe portare a scelte imprevedibili da parte di ciascun tesserato.
Del resto oltre alla mancata strutturazione tecnica (il Savona rappresenta quasi un unicum, senza direttore sportivo o un direttore generale a fianco della squadra) è la sensazione di assoluta precarietà ad aver corroso giorno dopo giorno le basi biancoblu.
Il 2023 è ormai alle porte, ma ancora non sembra esserci pace per il vecchio delfino.