L’Imperia Calcio sprofonda e mentre la squadra colleziona figuracce il presidente Fabrizio Gramondo si ostina a recitare una commedia tragicomica. Una farsa a ‘reti social unificate’, spacciata per ‘conferenza stampa’ e in realtà nient’altro che un monologo registrato, senza contraddittorio, diffuso dagli addetti stampa della società e che, per correttezza, abbiamo pubblicato.
Il numero uno di piazza d’Armi nega ogni trattativa ogni movimento dietro le quinte. Ma allora ci spieghi lui: che ci facevano dal sindaco Claudio Scajola gli imprenditori Pino Ruggieri e Franco Commini (della famosa ‘cordata romana’ sponsorizzata dal direttore generale Matthew Scuffi) a Palazzo Civico? Fantasmi? O forse, come testimoniato in diretta dal nostro giornale, personaggi veri, in carne e ossa, che parlavano chiaramente di futuro societario?
Anche l’ex ministro ha confermato gli incontri, ma per Gramondo è tutta una messinscena. Secondo lui, ci siamo inventati tutto. Un’accusa gravissima che però si sbriciola di fronte a video e dichiarazioni pubbliche. Da novembre ad oggi i fatti parlano chiaro. La narrazione alternativa di Gramondo, invece, pare più una favola.
E nel frattempo l’Imperia sul campo fa acqua da tutte le parti sul campo spelacchiato che ha fatto il giro d’Italia per il suo stato pietoso. Uno sfregio alla città alla sua immagine, ai tifosi che ogni domenica ci mettono la faccia. Ma il colmo è che ora si cerchi un capro espiatorio. In caso di disastro (leggasi, retrocessione), la colpa sarà nostra. Sì, avete capito bene, di chi racconta la verità e di chi da sempre, ama questi colori.
È il solito film già visto, quando le cose vanno male, si scaricano responsabilità. Ma questa volta non ci stiamo. Gli unici che possono ancora salvare il salvabile sono i giocatori, costretti anche ad allenarsi al calcio-tennis sul finto campo di padel nell’antistadio trasformato in 'Cittadella dello sport', ai quali rivolgiamo un appello accorato: buttate il cuore oltre l’ostacolo, giocate per la maglia. Per la città. Per i tifosi che vi seguono anche nella tempesta.
Due partite. Due battaglie. Serve l’impresa. Per evitare di ritrovarci, a stagione finita, a raccontare l’ennesima storia: quella in cui si promette rivoluzione e, invece, resta tutto com’è. E in cui – guarda caso – le colpe non sono mai di chi comanda. Questa volta no. Questa volta la verità va detta, anche se brucia.