/ Rugby

Rugby | 04 agosto 2024, 19:23

PROGETTO CAMPIONI. La storia di un sogno: conosciamo Federico Pisani

Federico condivide con noi il suo percorso sportivo

PROGETTO CAMPIONI. La storia di un sogno: conosciamo Federico Pisani

Continua l’appuntamento periodico con una nuova rubrica all’interno dei quotidiani del nostro gruppo editoriale Morenews: Progetto Campioni.

Paola Mascherin ci racconterà i profili dei giovani atleti più interessanti del nord ovest, per provenienza o militanza.

Oggi conosciamo Federico Pisani, rugbista classe 2004 del Verona Rugby. Nonostante la sua giovane età, ha già vissuto esperienze straordinarie. Attraverso il duro lavoro e il sacrificio, si sta facendo strada nel mondo del rugby, mantenendo sempre i piedi per terra.

Federico, come hai iniziato a giocare a rugby e cosa ti ha attratto di questo sport?

“Ho iniziato a giocare a rugby all’età di sei anni, avevo due cugini che giocavano e mi hanno convinto a provare. Nella mia vita ho provato diversi sport ma mai nessuno mi ha colpito come il rugby, mi sono appassionato dell’ambiente e dei compagni che ho trovato. Così è iniziato tutto.”

Hai dei modelli o degli atleti che ammiri e che ti ispirano?

“Quando ero più piccolo non sapevo un granché di rugby e la prima persona che ho conosciuto è stato Martin Castrogiovanni. Io sono un pilone e sono sempre stato un po’ in carne quindi diciamo che appena l’ho visto era a lui che mi ispiravo, l’ho preso come spunto.”

Come bilanci i tuoi impegni sportivi con la tua vita personale?

“Vivo fuori casa da tre anni e ormai mi sono abituato a questo tipo di vita. Personalmente mi organizzo molto bene la giornata, mi faccio sempre una tabella con tutti gli impegni, un po’ come se fosse la mia agenda di lavoro, e in base a quella poi decido se posso dedicare un po’ più di tempo a me stesso e uscire con gli amici, ovviamente rispettando i programmi che mi vengono dati dalla società.”

Com’è vivere lontano dalla tua famiglia pur essendo molto giovane?

“Sono stato due anni in accademia qui a Verona ed ero in dormitorio con altri tre ragazzi, mentre da quest’anno vivo completamente da solo, condividendo la casa con i miei compagni. Mi occupo io delle faccende e dei bisogni di casa quindi posso dire di essere autonomo da un anno. Vivere da solo mi ha fatto crescere molto, ovviamente sento la mancanza di casa ma col tempo ho imparato a gestirmi meglio e ad essere indipendente.”

Com’è far parte di una squadra?

“Quando riconosci di far parte di una squadra è bellissimo perché sei riconosciuto come un compagno e un fratello. Nello sport, e in particolare nel rugby, la squadra è tutto. Il gruppo non è solo in campo ma anche fuori, infatti condividiamo molti momenti insieme. Diciamo che una squadra è una famiglia un po’ allargata.”

Come gestisci la pressione durante una partita importante o quando ti trovi davanti a una situazione difficile?

“All’inizio ho avuto molti problemi a gestire la pressione in campo, sono migliorato molto col tempo e con l’esperienza. Più mi esponevo alla pressione e più riuscivo a migliorare, giocando in Nazionale questo mio aspetto è migliorato tanto. Poi a me aiuta tanto la musica e non pensarci troppo, infatti prima di una partita mi concentro su ciò che posso gestire, quindi me stesso e ciò che sono chiamato a fare sul campo, il resto cerco di lasciarlo fuori dalla mia testa.”

Sei una persona scaramantica?

“Abbastanza, diciamo il giusto. Non ci vado matto però ho delle piccolezze a cui faccio molta attenzione, ma niente di particolare.”

Che significato hanno per te la vittoria e la sconfitta?

“Penso che siano un'arma a doppio taglio. La vittoria è bella e porta tanta felicità ma allo stesso tempo devi essere bravo a gestirla non bisogna esaltarsi troppo altrimenti ci si fa del male. Io ritengo che vittoria e sconfitta facciano parte del gioco ma che tu vinca o che tu perda devi essere capace di reagire nel modo giusto per affrontare le sfide future.”

Quali sono i valori e gli insegnamenti che hai imparato dal rugby e dallo sport in generale?

“Io penso di essere una persona molto umile e questo mi ha aiutato tanto, poi sicuramente il senso di altruismo nei confronti dei miei compagni. Empatia e tanto sacrificio, soprattutto in uno sport di squadra perché quando scendi in campo cerchi di dare tutto te stesso per non deluderli.”

Cosa ti piace di più del rugby?

“Penso che il rugby sia uno degli sport più complessi e completi che esistono, perché c’è sia la parte fisica che la componente aerobica, è un mix di tutte le discipline che si possono trovare negli altri sport. Se dovessi scegliere una cosa in particolare ti direi il contatto fisico perché ti permette di metterti alla prova con chi hai davanti e di mostrare la tua superiorità.”

Cosa diresti e consiglieresti ai ragazzi che come te ambiscono a intraprendere una carriera sportiva?

“Io ho trovato nello sport uno sfogo e un bellissimo ambiente, quindi consiglio a tutti i ragazzi di trovare uno sport che gli piaccia e che li appassiona. Ovviamente non tutti riusciranno a prenderlo come un impegno e magari non tutti vorranno farne una carriera, ma sicuramente l’ambiente che c’è intorno allo sport può darti tanto. Poi fa anche bene alla salute.”

Quali sono gli aspetti del gioco di squadra che ritieni fondamentali per il successo della squadra stessa?

“L’intesa. Passare tanto tempo insieme dentro e fuori dal campo e condividere momenti insieme è fondamentale per riuscire a fare gruppo.”

Come consigli di superare un momento buio?

“Quando ho dei dubbi mi rivolgo alle persone che mi vogliono bene quindi alla mia famiglia, loro sono i miei primi sostenitori. Poi sicuramente ripenso a tutto quello che ho fatto e a quello che sono, a tutta la strada percorsa e a ciò che ho costruito in questi anni, ma soprattutto al perché non debba mollare in quel momento.”

Come ti fa sentire stare in campo e giocare?

“Mi fa stare bene, ci ho preso proprio l’abitudine. In campo mi sento a mio agio, felice, riesco ad esprimere me stesso in modo migliore rispetto a quando sono fuori. Quel rettangolo verde è il mio ambiente, li mi muovo più naturalmente, giocare mi fa sentire a mio agio e mi permette di liberare la mente muovendomi più istintivamente.”

Pensi di essere nato con un talento?

“No. Non mi definirei un talento, non ho mai avuto qualcosa in più degli altri; ho avuto semplicemente tanta voglia di arrivare dove volevo arrivare. Io fin da piccolo ho come obiettivo quello digiocare in Nazionale maggiore e sto lavorando veramente duro per arrivarci. È necessaria tanta dedizione e molti sacrifici, ma per realizzare il mio sogno questo e altro”.

Cosa è servito per arrivare dove sei ora?

“In primis la mia famiglia, non avrei potuto fare quello che faccio se non ci fossero stati loro a supportarmi e questo è da sottolineare. Poi anche un buonissimo staff tecnico con cui ho avuto la fortuna di lavorare e che a livello di ruolo e di crescita personale mi hanno aiutato tantissimo, e ovviamente tanta voglia di farcela.”

Che valore ha per te la maglia azzurra?

“Ha un valore assoluto, fin da piccolo indossarla e arrivare a rappresentare il mio paese è sempre stato il mio sogno. In Nazionale do sempre il meglio di me stesso, mi regala emozioni indescrivibili.”

Com’è stata la tua prima chiamata in Nazionale?

“La prima chiamata è stata inaspettata, nel senso che io non sono mai entrato nel giro della Nazionale da piccolo. Un giorno mi arriva questa chiamata per andare a fare due partite in Galles, siamo stati via circa una settimana e lì sono entrato a far parte del mondo “azzurro”. La settimana dopo mi hanno convocato per andare in Inghilterra dove ho fatto la mia prima partita ufficiale con l’Under 19 e poi sono successe un sacco di cose; velocemente in due mesi sono passato da esordire con l’Under 19 ad essere chiamato per la preparazione al mondiale Under 20 in Sud Africa. Sono riuscito ad entrare nella rosa dei trenta che sarebbero partiti e ho partecipato al mondiale togliendomi molte soddisfazioni, mentre quest’anno poi ho giocato il Sei Nazioni. Sono state esperienze straordinarie e ora spero di arrivare a giocare un altro mondiale.”

Il ricordo più bello della tua carriera?

“Ne ho due, entrambi importantissimi. Il primo è la vittoria con il Sud Africa, è stata la mia prima partita da titolare e ho giocato anche fuori ruolo. Il secondo è la vittoria in Francia quest’anno al Sei Nazioni, loro sono i campioni del mondo in carica e andare a casa loro, con 40mila spettatori e strappargli la vittoria è stata una cosa veramente bellissima.”

Paola Mascherin

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A SETTEMBRE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.
Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium