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Calcio | 14 febbraio 2024, 08:00

PROGETTO CAMPIONI. Il sogno di dedicare la propria vita al calcio: conosciamo Cecilia Re

Cecilia ci racconta il suo percorso come calciatrice professionista

PROGETTO CAMPIONI. Il sogno di dedicare la propria vita al calcio: conosciamo Cecilia Re

Continua l’appuntamento periodico con una nuova rubrica all’interno dei quotidiani del nostro gruppo editoriale Morenews: Progetto Campioni.


Paola Mascherin ci racconterà i profili dei giovani atleti più interessanti del nord ovest, per provenienza o militanza.


Oggi conosciamo Cecilia Re, calciatrice attualmente in forza alla Sampdoria. Grande tifosa dell’Inter e da sempre innamorata del calcio, ha mosso i suoi primi passi in campo da giovanissima e con impegno è riuscita a realizzare il suo sogno più grande, vivere dello sport che ama di più al mondo.


Come ti sei appassionata al calcio?

“Fin da piccolina andavo all’oratorio e vedevo sempre i miei amici giocare, io rimanevo a guardarli. A sei anni ho voluto provare anche io, mi ricordo che mi piaceva l’idea di indossare una divisa e far parte di una squadra. Da lì ho iniziato e non ho mai smesso, il calcio è la mia più grande passione.”


Chi è il tuo idolo e a chi ti ispiri?

“Calcisticamente il mio idolo è sempre stato Esteban Cambiasso, un po’ perché giocava nella mia posizione e un po' perché mi piaceva la sua personalità in campo. Aveva carattere ed è sempre stato un po' il mio idolo.”


Quando hai capito di voler dedicare la tua vita al calcio?

“È sempre stato uno dei miei sogni ma quando avevo iniziato non era possibile farlo perciò mi dedicavo anche ad altro, finché sono arrivata in un momento in cui ho dovuto scegliere fra il calcio e dei lavori precedenti che stavo facendo. Le due cose insieme non potevano più conciliare e il calcio stava diventando un impegno che mi richiedeva molto tempo, così ne ho approfittato e mi sono detta ci provo ora o mai più.”


Hai avuto difficolta a far capire di voler fare la calciatrice?

“In realtà no, la mia famiglia mi ha sempre supportato. Quello che hanno cercato di farmi capire è che il calcio sarebbe potuta essere una strada ma che prima o poi avrebbe avuto una fine, quindi mi hanno sempre detto di avere anche un piano b.”


Che cosa ti piace del calcio?

“È una cosa che sono in difficoltà a spiegare, quando entro in campo è come se tornassi bambina. È così che mi sento, come una bambina che si diverte a correre dietro a un pallone e che vorrebbe stare lì tutto il giorno a correrci dietro.”


Pensi che al giorno d’oggi sia difficile essere una calciatrice?

“Ultimamente sono stati fatti dei grandissimi passi avanti, lo noto ad esempio guardando le giovani ragazze della primavera che giocano con noi in prima squadra. Ovviamente ci sono tante cose da migliorare ancora per avvicinarci al modello di quello maschile, anche se non mi piace fare il paragone.”


Cosa alimenta la tua passione per questo sport?

“Sicuramente gli obiettivi che uno si pone, è vero che è un gioco ma ci sono delle responsabilità annesse e in campo si va con la voglia di raggiungere sogni e risultati. Poi anche la fortuna che il mio lavoro mi piaccia molto, che secondo me non è una cosa scontata. Io non lo sento come un lavoro, per me giocare a calcio è il sogno di una vita, infatti molto spesso mi dico che a trent’anni non ho ancora iniziato a lavorare. Per me è un divertimento, un gioco, andare ad allenarsi e divertirsi, fare gruppo. E penso a tutte le persone che si alzano la mattina e vanno negli uffici, nei cantieri, per me quelli sono lavori, ciò che faccio io è un gioco. Poi questo non vuol dire che sia facile o che vada affrontato con una mentalità futile, o che non richieda impegno e fatica. La serenità e tutto ciò che necessita un qualsiasi lavoro lo portiamo anche noi in campo tutti i giorni.”


Che significato hanno per te vittoria e sconfitta?

“La sconfitta per me è sinonimo di miglioramento, c’è sempre qualcosa da imparare. La vittoria invece è il raggiungimento, mette in risalto i prodotti del lavoro svolto durante la settimana.”


Come consigli di superare i momenti bui?

“Durante una stagione è assolutamente normale ritrovarsi a dover affrontare dei momenti difficili. Quando mi capitano per uscirne cerco di migliorarmi, di capire perché sono successe determinate cose e come uscirne più forte. L’importante è non farsi abbattere mai, quando capitano questi momenti è importante coglierli come un'occasione per crescere, migliorarsi e andare avanti.”


Cosa pensi che possa comunicare lo sport alle nuove generazioni?

“Per me lo sport è sempre stato esempio. Quando ero una ragazzina rispetto ai miei compagni di scuola avevo meno tempo per studiare, sapevo che dovevo andare ad allenarmi e se avevo un ora a disposizione io la sfruttavo al massimo. Lo sport è proprio formazione, come una scuola, ti aiuta davvero tanto ad avere disciplina, a partire dalle piccole cose. La cosa più bella è che lo sport ti dà dei sogni in cui credere e in cui lottare, ti insegna la passione per qualcosa. Se mai dovessi avere una famiglia vorrei che i miei figli avessero una passione, di qualsiasi tipo. Avere dei sogni e lottare per raggiungerli è la cosa più bella del mondo.”


Pensi di essere nata con un talento?

“Bella domanda, penso di sì, ovviamente abbinato a tutta una serie di cose che mi hanno portato ad essere dove sono ora.”


Come vivi lo spogliatoio?

“Lo spogliatoio per me è una seconda casa, qui a Genova abbiamo creato un bel gruppo. Per me è una gioia entrare e vedere le mie compagne, ridere e scherzare, o comunque anche nei momenti meno felici non sentirmi mai sola. Indossare i colori della Sampdoria ha un significato che per me è cresciuto nel tempo, fin da piccola la mia fede è interista ma quando sono arrivata qua ho trovato un ambiente caloroso, come dico sempre sono le persone a fare la differenza. Quando indosso questa maglia e scendo in campo sento il calore e l’affetto di tutte quelle persone che da ormai tre anni ho al mio fianco.”


Cosa diresti a chi ha il tuo stesso sogno?

“Sicuramente che i sogni sono belli e vanno inseguiti con le unghie e con i denti, bisogna cercare in tutti i modi di realizzarli e a maggior ragione adesso per come si sta evolvendo il movimento calcistico femminile dico di continuare, di provarci. Bisogna dare il meglio di sé stessi sempre, indipendentemente da cosa vi appassiona.”


Cosa provi quando scendi in campo?

“Quando ero più piccola a volte soffrivo l’entrata in campo, avevo un po’ di tensione legata alla prestazione. Crescendo ho imparato a gestire queste emozioni, cerco davvero di godermi il momento, di essere lì e di essere felice di quello che sto facendo, senza farmi riempire la testa da pensieri vari.”


Se avessi il potere di cambiare una cosa nel calcio quale sarebbe?

“Desidererei che cambiasse la mentalità di chi ci guarda. Credo che sia uno sport poco seguito anche perché si fa sempre un paragone con quello maschile. Mi piacerebbe che un tifoso venisse allo stadio a vedersi la partita perché ha voglia di conoscere, alla fine pur essendo lo stesso sport nel complesso è normale che sia diverso. Sarebbe bello che uno non venisse col pregiudizio ma con la voglia di vedere e di appassionarsi.”





Il ricordo più bello che hai della tua carriera?

“Il ricordo più bello che ho della mia carriera è l’esordio con la Nazionale U20 ai Mondiali in Giappone. Giocare una coppa del mondo è stata per me l’emozione più grande. Mi ricordo lo stadio pieno, giocavamo contro il Brasile, poi io ero una delle più piccole, per me è stata un'emozione grandissima.”


Paola Mascherin

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