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Calcio | 10 novembre 2023, 10:00

PROGETTO CAMPIONI. Il sogno di una vita diventato realtà: alla scoperta di Elena Pisani

La calciatrice blucerchiata ripercorre insieme a noi il suo percorso tra soddisfazioni e difficoltà

PROGETTO CAMPIONI. Il sogno di una vita diventato realtà: alla scoperta di Elena Pisani

Continua l’appuntamento periodico con la nuova rubrica all’interno dei quotidiani del gruppo editoriale Morenews: Progetto Campioni.

Paola Mascherin ci racconterà i profili degli atleti più interessanti del nord ovest, per provenienza o militanza.

 

Oggi è il turno di Elena Pisani, calciatrice della Sampdoria Women classe 1997. Elena ci racconta il suo percorso calcistico e personale, oltre alla sua esperienza in un college americano, il tutto coronato dalla realizzazione di un sogno: vivere di calcio, la sua più grande passione.
 

Elena, come ti sei appassionata al calcio? 

"Io ho un fratello di due anni più grande di me, quando ero piccola lo seguivo in tutto e se lui cominciava a fare uno sport lo facevo anche io. Un giorno sono andata insieme a mia madre a prenderlo al campo, il suo allenatore vedendomi dietro la rete mi ha fatto entrare e da lì ho cominciato a giocare. Mio fratello ha smesso e si è dedicato al calcio freestyle io invece ho proseguito con il calcio, non ho più avuto dubbi".


 

Chi è il tuo idolo e a chi ti ispiri? 

"Non ho un vero e proprio idolo ma il mio punto di riferimento nel maschile è sempre stato Marco Materazzi ed è sempre per lui che, come numero, mi piace molto il 23. Nel femminile seguo molto Elena Linari della Roma e Cecilia Salvai della Juventus, mi piacciono le caratteristiche che hanno come giocatrici nel mio ruolo".


 

Quando hai capito di voler fare della tua passione la tua professione? 

"Non l’ho capito, è stato più un rendermi conto che lo stava diventando. Secondo me questa non è una lotta che ho fatto io ma la generazione precedente alla mia, io sto già cogliendo i frutti. Non ho mai visto il calcio come un vero e proprio lavoro, definirlo tale mi fa un po’ impressione, per me è sempre stata una passione. Poi quando siamo diventate professioniste ero la persona più felice del mondo, tornare dal college e percepire uno stipendio per giocare per me era follia. Ovviamente col tempo mi sono abituata, ho preso consapevolezza che fosse il mio lavoro e più passa il tempo più cerco di mettere sempre maggiore professionalità in quello che faccio".


 

Che tipo di esperienza è stata frequentare il collage in America?

"Io sono partita con una borsa di studio per meriti sportivi nell’estate del 2016, avevo 18 anni, sarei dovuta tornare in Italia nel 2020 dopo la laurea però sono rientrata a marzo a causa del Covid.

Frequentare il college in Tennessee per 4 anni è stata un’esperienza che mi ha stravolto la vita in positivo. Il primo anno l’ho sofferto un po’, ero dall’altra parte del mondo lontana dalla mia famiglia, la lingua era diversa e faticavo un po’ a relazionarmi. Poi la nostra squadra era composta a metà da giocatrici provenienti da tutto il mondo e avevamo tutte culture diverse. Poi mi sono ambientata e ho stretto tanti rapporti importanti, sono arrivata che a malapena parlavo la lingua e me ne sono andata da capitano della squadra. I legami che ho creato lì sono una delle ricchezze più grandi che mi porto dentro".


 

Come è stato andare dall’altra parte del mondo?

"È stata una bella sfida, soprattutto all’inizio quando non avevo ancora legato con nessuno. Io sono sempre stata un persona indipendente ma la mancanza di casa la sentivo, essendo dall’altra parte del mondo l’idea di non poter tornare a casa per qualsiasi motivo era la cosa che mi metteva più in difficoltà".


 

Hai avuto difficoltà nel far capire che volevi giocare a calcio?

"Io sono stata molto fortunata perché non ho mai trovato degli ostacoli sul mio desiderio di giocare a calcio, la mia famiglia è sempre stata apertissima a riguardo e le squadre maschili in cui ho giocato mi hanno sempre trattata come una di loro senza discriminazioni di alcun tipo. Quando ero più piccola capitava che la gente si stupisse che giocassi a calcio, ma in maniera sana, non è mai stato un ostacolo".


 

Cosa è servito per arrivare dove sei ora a livello sportivo? 

"Intraprendenza e coraggio. L’esperienza che ho fatto in America mi ha permesso di confrontarmi con un calcio diverso da quello italiano, è stata una crescita sportiva ma soprattutto da un punto di vista umano e io sono convinta che una crescita umana aiuti anche sul campo. Secondo me quando acquisisci una certa consapevolezza di ciò che sei scendi in campo in maniera differente.

Poi sicuramente il non aver avuto paura di buttarmi in qualche sfida oltre a un pizzico di fortuna che credo serva sempre. Nelle scelte che ho fatto penso di essere stata fortunata e brava a seguire le mie sensazioni".


 

Che cosa ti piace del calcio? 

"Le emozioni che mi da sono il motivo principale per cui gioco, la tensione positiva del pre partita, l’adrenalina, la concentrazione richiesta per affrontare una partita e i festeggiamenti dopo una vittoria. Sicuramente tante emozioni sono correlate al fatto che sia uno sport di squadra, l’unione si crea se c’è un gruppo all’interno dello spogliatoio. Io sono una grande sostenitrice del fatto che il gruppo faccia la differenza prima di qualsiasi altra cosa".


 

Pensi che al giorno d'oggi sia complicato essere una calciatrice?

"Per l’esperienza da cui vengo io mi viene da dire di no, nel senso che se è quello che voglio so che sono richiesti dei sacrifici, però non mi pesano più di tanto dato che è ciò che voglio fare nella vita. Essendo stata in America so il livello di professionalità che c’è lì, in Italia siamo più indietro ma non mi lamento della situazione in cui mi trovo pur rimanendo consapevole che di passi in avanti da fare ce ne siano ancora tanti".


 

Dopo tanti anni, che cosa continua ad alimentare la tua passione per questo sport?

"Le emozioni, ci sono periodi in cui dici che non ne va bene una e cominci a dubitare su quanti anni ancora vuoi andare avanti. Poi arriva una partita in cui provo un'emozione forte e capisco perché lo faccio. Io continuerò fino a quando queste emozioni mi diranno che è questo che voglio fare".


 

Come vivi lo spogliatoio? 

"Per me è una parte fondamentale del gioco, mi piace essere di supporto alle mie compagne sia privatamente quando magari vedo che qualcuna ha qualcosa che non va, sia rumorosamente prima delle partite. La relazione con le mie compagne è per me uno degli aspetti fondamentali e quindi cerco di curarla nel migliore dei modi".


 

Cosa sono per te la vittoria e la sconfitta? 

"È sempre bello fare tre punti, quindi ben venga la vittoria, però allo stesso tempo è importante tenersi strette le piccole vittorie che possono esserci all’interno di una sconfitta. Tutte le cose positive che puoi trovare, piccole o grandi che siano, sono vittorie al di là del risultato".


 

Che cosa diresti a chi ha il tuo stesso sogno?

"Di mettersi alla prova, di uscire dalla propria confort zone, di dedicarsi completamente a raggiungere un obiettivo, non importa quante persone ti dicano di no. Quando qualcuno vuole davvero qualcosa ti direi che in un mondo ideale lo otterrebbe sempre, purtroppo non sempre è così ma non bisogna avere rimpianti, si deve inseguire in tutti i modi un sogno e fare di tutto per andare a prenderlo".



 

Il ricordo più bello che hai della tua carriera? 

"Più che traguardi sportivi sono risultati ottenuti da un punto di vista umano. Sicuramente entrambe le salvezze raggiunte con la Sampdoria negli ultimi due anni me le porto nel cuore, sono state un qualcosa di straordinario. La salvezza dell’anno scorso è stata emotivamente molto coinvolgente, ce la siamo giocata all’ultima giornata fuori casa, in un campo difficile e con un unico risultato utile. Poi altri ricordi bellissimi sono legati all’America e alle relazioni umane create con compagne che venivano da tutto il mondo".


 

Che sensazioni hai per quest’anno?

"Dopo l’estate che abbiamo trascorso sarebbe stato facile cominciare l’anno con tantissime scuse, mettendo le mani avanti, e io sono molto orgogliosa del fatto che questo gruppo non lo sta facendo. Il gruppo è la cosa che ci ha contraddistinto nei due anni passati e c’è anche quest’anno, il non trovare scuse ma lavorare come delle matte per fare quello che tutti ogni anno credono impossibile per la Sampdoria mi rende orgogliosa. Nonostante un'estate trascorsa nell’incertezza, ci siamo unite ancora di più e siamo pronte a stupire e a darci da fare".

Paola Mascherin

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