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Calcio | 05 ottobre 2023, 21:00

PROGETTO CAMPIONI. Studio, Juventus e Sanremese: alla scoperta di William Mauro

Il terzino classe 2003 si racconta, confermando come sia possibile conciliare studio e attività sportiva

PROGETTO CAMPIONI. Studio, Juventus e Sanremese:  alla scoperta di William Mauro

Inizia oggi l'appuntamento periodico con una nuova rubrica all'interno dei quotidiani del gruppo editoriale Morenews: Progetto Campioni.

Paola Mascherin ci racconterà i profili dei giovani atleti più interessanti del nord ovest, per provenienza o militanza.

Il battesimo tocca William Mauro, giocatore classe 2003, attualmente in forza alla Sanremese, ci racconta il suo percorso calcistico e personale intrapreso fin da giovanissimo. William, da sempre grande tifoso dell’Inter, ripercorre insieme a noi il suo sogno: diventare un calciatore professionista.


 

Ciao William, come ti sei appassionato al mondo del calcio?

“Mi ha fatto appassionare mio nonno, grande tifoso dell’Inter. Quando ero piccolo mi divertivo a giocare nel giardino di casa da solo, ero molto timido e non volevo andare a giocare con gli altri bambini. Un giorno mia madre mi convinse e mi portò in una società di un paese vicino al mio, all’inizio ero titubante ma poi vinsi la timidezza e cominciai a muovere i miei primi passi nel mondo del pallone.”

 

Chi è il tuo idolo e a chi ti ispiri?

“Una volta Marcelo, in questo momento ti direi Cancelo.”

 

William, nel corso della tua carriera hai girato diversi vivai, come è stato vivere tante realtà pur essendo molto giovane?

“Fino a 17 anni ho fatto le giovanili alla Juventus, che mi ha fatto vivere in una bolla. Lì ti trattavano come un giocatore professionista anche a 12 anni. Poi ho fatto un cambiamento vero andando in prestito alla Primavera del Pisa, è stata la prima volta che ho vissuto lontano dalla mia famiglia. Consiglierei a tutti di andare via di casa appena se ne ha la possibilità, mi ha fatto crescere tanto.”

 

Che cosa ti appassiona del mondo del calcio?

“Il calcio ti lascia tanto spazio per le persone a cui vuoi bene, hai tante libertà e ti permette di esprimerti al 100%. Essendo una professione te lo paragono al mondo del lavoro, in generale è difficile trovare la libertà che ti dà il calcio. Poi è uno sport che mi piace e mi fa divertire, sono sempre a contatto con persone che hanno la mia stessa passione. Il calcio mi dà delle emozioni che poche cose nella vita mi riescono a dare.”
 

Come è stato passare dalle giovanili ai professionisti?

“Si sente tanto passare da una categoria delle giovanili, dove magari si ha tutti la stessa età, a passare in un campionato professionistico dove sei in squadra con gente molto più grande di te. Col senno di poi avrei preferito fare questo cambiamento prima e passare a giocare con i grandi, perché sono loro che ti danno i migliori insegnamenti.”
 

Che tipo di impegno richiede conciliare i tuoi studi universitari con la tua passione per il calcio?

“Non mi piace quando sento la nomea che se fai il calciatore sei per forza ignorante o non hai studiato. Io studio giurisprudenza, ho cominciato l’università perché mi è sempre piaciuta la professione dell’avvocato e mi sono buttato. All’inizio pensavo di non farcela, dopo un anno invece ho capito che con impegno, costanza e sacrificio ti puoi creare un futuro molto più solido.”

 

Quando hai capito di voler fare della tua passione la tua professione?

“L’anno scorso mi sono rotto il crociato e sono stato a stretto contatto con molti amici, alcuni lavoravano e ho visto cosa vuol dire passare otto ore magari in una fabbrica o seduto dietro a una scrivania. Io ho la fortuna di fare una cosa che mi piace per poche ore al giorno, divertendomi e ritagliandomi del tempo per i miei affetti e per me stesso. Mi piacerebbe fare il calciatore per la libertà che mi offre, inoltre mi rendo conto di cosa vuol dire lavorare veramente, perché secondo me io non lavoro.”
 

Quando ti sei infortunato come hai trovato la forza di continuare a lottare per il tuo sogno?

“Nel momento in cui ti rompi il ginocchio ti torna in mente tutto il percorso e pensi di averlo buttato via insieme a tutti i sacrifici fatti fino a quel momento. L’amore per questo sport e il sostegno della mia famiglia mi ha dato la forza per rialzarmi. Ho intrapreso un percorso lungo, dove serve più forza mentale che fisica. Sono cresciuto tanto e rientrato con una consapevolezza maggiore di ciò che volevo fare e dei miei obiettivi.”

 

Come ti trovi alla Sanremese? 

“Sto molto bene, c’è un bel clima. In squadra ho delle persone fantastiche, che mi aiutano e mi consigliano.

Lo spogliatoio è quel posto dove ti puoi sfogare, poi ti alleni facendo quello che ti piace e torni che sei rilassato. Non lo paragonerei a casa mia perché penso che la famiglia sia l’unica cosa che non ti abbandonerà mai. Sicuramente lo spogliatoio è per me un punto di riferimento importante, che mi dà serenità e mi permette di esprimermi al meglio.”
 

Com’è vivere lontano dalla tua famiglia pur essendo molto giovane?

“Sono quattro anni che vivo fuori di casa e ciò mi ha fatto apprezzare molto di più il tempo in famiglia, con i veri amici e le persone che mi vogliono bene, cosa che prima davo più per scontato.”

 

Dove ti vedi tra qualche anno?

“Penso che giocherò ancora a calcio, spero in una categoria superiore, non ancora laureato. Spero all’ultimo anno di università, felice.”
 

Cosa diresti a chi ha il tuo stesso sogno?

“Che ci saranno sicuramente dei momenti bui lungo il percorso, ma che è da quelli che si forma un calciatore. Saranno tutti insegnamenti per un futuro più solido. Inoltre di stare tranquilli e di allenarsi bene, che poi le cose arriveranno.”
 

Cosa ti fa capire che tutti i sacrifici che hai fatto ne sono valsa la pena?

“Sicuramente che riesco ad avere uno stipendio che mi rende autonomo, ma soprattutto sono cresciuto tanto mentalmente. Il calcio mi ha fatto vivere esperienze che non avrei mai potuto fare.”

 

Il ricordo più bello che hai della tua carriera che ti porti dietro?

“Una partita giocata quando ero piccolo nelle giovanili della Juventus, eravamo in Olanda e c’era mio nonno a vedermi, ricordo di aver segnato. Se ci penso adesso mi sembra folle trovarsi all’età di dieci anni a giocare in un altro paese, all’epoca non me ne rendevo conto, oggi invece sono molto grato di aver avuto la possibilità di vivere esperienze del genere che mi porterò dentro per sempre.”

Paola Mascherin

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