Da Varesenoi.it
Dalla provincia di Varese - «vivo a Busto, dove stanno crescendo i miei figli» - a presidente dell'Albenga, «anche perché ho trovato gente che, prima di chiedere, dà»: è l'avventura di Santi Cosenza, direttore generale della Dcn Group che lavora nel campo dei servizi e della logistica a livello internazionale e che, in Italia, gestisce appalti in Sardegna, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna.
È una storia da raccontare quella di chi dal Varesotto sceglie la via del mare e una società di calcio della provincia di Savona per costruire dalla serie D, dove il club del neo presidente è appena stato promosso dopo 33 anni, il sogno di un calcio capace ancora di stupire mettendo in primo piano centinaia di bimbi e ragazzi del vivaio e dove i tifosi, invece che poche centinaia a partita come accade anche in piazze storiche, toccano quota 1.000 com'è accaduto nell'ultima cavalcata vincente ligure.
C'è chi pretende di avere tutto subito e chi costruisce la casa un passo alla volta, anche lontano dalle sue origini - cioè Messina - e da quelle dei suoi figli cresciuti a Busto: «Emma ha 12 anni e Nicola 8 - dice il presidente - mentre mia moglie Alessandra è milanese. Mi trovo molto bene, Busto è una bella città: abitiamo a un passo da piazza Santa Maria».
Santi Cosenza dal 2006 vive in Lombardia: ha iniziato a lavorare per un gruppo di cleaning ed è poi passato al management, prima del salto - sempre da dg - in un gruppo di logistica con sede operativa a Rho, appunto la Dcn che ora controlla l'Albenga.
Ma le vie del Signore, pur infinite, a volte tornano sempre là: a casa. Com'era accaduto in questo caso: «A Messina andavo in curva da piccolo... - racconta Cosenza - Per l'FC Messina ho fatto il vicepresidente pensando di aiutare il territorio nel momento in cui in città le società erano due. E l'ho fatto insieme a quello che era anche il presidente dell'azienda per cui lavoravo, Rocco Arena, prima che andasse incontro a difficoltà economiche e al declino. Il secondo anno di serie D abbiamo vinto i playoff mentre l'altra squadra della città, l'Acr Messina, conquistava il campionato... Il terzo abbiamo continuato per onore, prima che io e Arena ci separassimo».
«Sposo sempre la cause in cui metto la faccia: gli errori fatti in quell'esperienza dal vertice sono ricaduti su di me, anche se non dipendevano da me - prosegue Cosenza - Hanno indicato anche il sottoscritto come responsabile, sapendo che non lo ero. Mi sono allontanato da Arena e da tre anni ognuno ha preso la sua strada. L'avventura negativa del Messina mi ha insegnato cosa si deve fare nel calcio e mi dà una spinta in più per fare bene ad Albenga».
Tutto è nato da una telefonata dell'ex attaccante Marco Ferrante, attuale ds ligure con cui Cosenza aveva già lavorato a Messina: «Perché non vieni qui? C'è tutto ciò che ti piace».
«Ho trovato una bella realtà, un ambiente sano, un vivaio che può solo crescere, apertura da parte delle istituzioni, una tifoseria numerosa, molto più numerosa di tante realtà lombarde vicine a Busto, e un'isola felice dove non è tutto dovuto - come a volte accadeva a Messina - e dove la gente, prima di pretendere, dà... Visto che l'ex proprietario Marinelli non poteva più continuare per un'incompatibilità con il suo lavoro, in pochi giorni io e la Dcn abbiamo detto sì» spiega Cosenza.
Giovani. È la parola-mantra del presidente: «Avere 300 tra bambini, scuola calcio, squadra femminile, juniores nazionale, altre categorie giovanili è un valore aggiunto. Le sfide ci piacciono, e Albenga lo è. Anche grazie a un territorio che ama lo sport ed è fertile dal punto di vista aziendale e dove ho trovato tanta apertura...».
Obiettivi? «Investire anche sullo stadio, certamente, ma sogno di creare, a misura di Albenga, una sorta di Novarello 2 e una cantera dove dalla scuola calcio alla prima squadra ci siamo le stesse basi tecniche. Partendo da questo, vogliamo essere una realtà importante e avvicinare ragazzi al calcio in una terra dove credo ci sia spazio al di là di La Spezia, Genova, Samp ed Entella. Puntiamo sulla programmazione e avremo tre responsabili per ogni leva giovanile, da Ferrante a Francesco Virdis e a un'altra figura in via di definizione: l'Albenga dovrà avere una sua "scuola di calcio" riconoscibile. Vorremmo arrivare ad avere 450-500 ragazzi che giocano con la stessa filosofia e la stessa idea. Tornando agli obiettivi, vorrei che avessimo soddisfazioni dal settore giovanile entro un paio di stagioni. Intanto la Juniores nazionale andrà in ritiro a Calizzano: non credo capiti a molte squadre giovanili di D».
Capitolo prima squadra. «L'ambizione è quella di mantenere una categoria che mancava da 33 anni ma siamo "umili ambiziosi" e, pur tenendo un profilo basso, non ci poniamo limiti: il pallone non è una scienza esatta (il pensiero di Cosenza, e non solo, corre al Sestri Levante, ndr). Giocatori? Devono avere fame, ma anche sete. Una neopromossa deve avere coraggio, non paura. Quando in panchina prendi Fabio Fossati, che ha fatto anche la C, qualcosa significa. Dobbiamo migliorare la squadra perché Eccellenza e D sono cose molto diverse. E per farlo il cuore, a volte, va messo da parte. Mi piace il calcio giocato: con Fossati non puntiamo certo a chiuderci in difesa... La tifoseria è incredibile e, per fare un paragone con la Lombardia o con piazze conosciute, è molto più numerosa rispetto a Legnano, Castellanza, Casale...».
Quando è arrivata la Figc a fare il sopralluogo e a dare il benestare per poter giocare allo stadio, il primo pensiero di Santi Cosenza è stato... «con questo impianto in C non possiamo andare...». Quindi... «Quindi pensiamo di programmare il futuro perché il presente già lo abbiamo».